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amianto: processo eternit di torino.

lunedì 8 febbraio 2010 al palazzo di giustizia di torino si è tenuta la terza udienza di quello che è stato definito "il più grande processo in europa" relativo ad una causa ambientale. il processo vede sul banco degli imputati i due ex dirigenti della società eternit s.p.a., lo svizzero stephan ernest schmidheiny e il belga jean louis marie de cartier de marchienne imputati per omissione di cautele, disastro ambientale doloso e permanente. sotto i riflettori dell'accusa la produzione, l'utilizzo e le condizioni in cui i lavoratori hanno manipolato un materiale come l'amianto che ha procurato la morte di quasi tremila persone di cui 2056 lavoratori negli stabilimenti della eternit.
l'amianto è stato proibito in italia nel 1992, in germania nel 1993, il francia nel 1996, e in svizzera nel 2000, l'italia però è stato dal dopoguerra uno dei maggiori produttori e consumatori di amianto. a questo proposito in una precedente udienza era stato emesso un decreto per la citazione della presidenza del consiglio dei ministri italiano e unione europea, chiamati in causa come responsabili per le morti di amianto dai legali di alcuni parenti delle vittime. la procura in quell'occasione si era però associata alla dichiarazione di estraneità della presidenza del consiglio e unione europea nonostante parte dei famigliari, malati, enti e associazioni, tra cui alcune toghe straniere, si fossero opposti.

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nel corso dell'udienza attuale in sintesi, oltre al dibattimento in aula, è stato acquisto materiale ("memoria") utile per pervenire ad un'ulteriore definizione delle parti in causa. durante l'udienza, le rispettive difese dei due dirigenti di eternit s.p.a. hanno quindi richiesto l'esclusione dal processo di eventuali presenze non corrispondenti alla figura di "persona offesa" apportando argomentazioni tendenti, in parole povere, a limitare la sfera del processo ad un ambito soggettivo. inerente cioè le persone direttamente interessate dal danno. questo nel tentativo dichiarato di limitare così il confronto con una sfera di riferimento più estesa, oggettiva, di ordine collettivo e diffusa (ambiente) pur rilevando in un ottica pubblicistica (media e informazione in generale) l'inevitabilità di un confronto dialettico tra la figura della "persona offesa" e i cosiddetti "enti esponenziali".

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dopo aver fatto presente che negli ultimi dieci anni i criteri di valutazione per l'inclusione di questi enti (considerate parti lese diffuse e collettive) erano cambiate per ragioni sociali, la difesa ha richiesto l'esclusione di associazioni sindacali, enti previdenziali, del codacons (associazione per i diritti dei consumatori), dell'associazione bolognese esposti amianto e di tutte le associazioni facenti capo a verdi ambiente e società (per brevità denominate in aula vas, da non confondersi con l'acronimo valutazione ambientale strategica) considerati non direttamente collegati ai soggetti lesi. a fronte di una produzione che ha causato danni ambientali permanenti è stato comunque richiesto dalla difesa di considerare le accuse su di un piano temporale rispetto all'attività degli imputati.
almeno 2.200 sono le parti civili costituite in questo processo. tanto che il tribunale ha avuto qualche problema nell'acquisizione e trasferimento dei dati informatici.

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naturalmente ogni argomentazione è stata controbattuta passo passo dall'accusa. in particolare la pubblica accusa nella persona del pm. raffaele guariniello, legale di inail, si è appellato all'art.61 - disposizioni in tema di processo penale dove viene specificato che "l'esercizio dei diritti della persona offesa è possibile in caso di omicidio colposo o lesioni personali colpose se il fatto è commesso con violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro o relativi all'igiene che determinano la malattia professionale..."
l'art. 61, comma 1, d.lgs. n. 81/2008 legittima inoltre l'inail, cioè uno degli enti per il quale la difesa aveva richiesto l'esclusione, (e che per legge deve essere informata) ad esercitare a propria scelta l'azione civile, di risarcimento o di regresso, nel processo penale ovvero in sede civile.
cosa del resto ovvia in quanto i danni in questione hanno ripercussioni economiche sull'ente previdenziale stesso che è tenuto a erogare prestazioni conseguenti ai danni subiti dai lavoratori e dalle persone che sono entrate in contatto con l'amianto. lo stesso argomento è stato sostenuto anche da altri enti e dalle associazioni ambientaliste che si trovano ad affrontare e/o constatare le più disparate conseguenze ambientali dovute alla presenza di amianto sul territorio. in tal senso si è anche disquisito dalle due parti in causa sul significato da attribuire al termine "disastro ambientale" così come già avvenuto in precedenza per l'art.61 interpretato in modo restrittivo o estensivo a seconda delle parti.

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anche la necessità avanzata dalla difesa dei due ex-dirigenti nei confronti degli enti (tra i quali enti previdenziali e comuni confinanti con casale monferrato) di dimostrare l'effettiva idoneità nel porsi come parti lese collettive sulla base della richiesta di un loro radicamento e continuità di azione nel territorio in cui il reato è stato commesso, è stata giudicata infondata dall'accusa, vista la vastità e la permanenza del disastro e la presenza assicurata in loco di molti degli enti e associazioni a cui era stato fatto riferimento.
infine in uno dei brevi interventi in cui era concesso un massimo di dieci minuti, l'avvocato per aica-cub ha prospettato il sussistere di lesione concreta del diritto alla tutela dei lavoratori sia all'interno che all'esterno del luogo di lavoro.

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ricordiamo che le persone decedute per le quali è stato aperta l'inchiesta oggetto del processo erano dipendenti della eternit s.p.a. e residenti nelle zone in cui sorgevano i quattro stabilimenti: casale monferrato e cavagnolo (piemonte), rubiera (emilia), bagnoli (campania).

in italia e nel mondo...
nonostante l'italia sia stato uno dei maggiori produttori e consumatori di amianto sino ad oggi non è stata ancora predisposta una mappatura della presenza di amianto nel nostro territorio, anche se ormai i rilevamenti satellitari la renderebbero possibile in tempi e costi molto ridotti rispetto al passato.
questo sarebbe di estrema importanza, infatti il picco relativo alle conseguenze dell'esposizione a questo materiale dovrebbe essere raggiunto nel 2018, data entro la quale non è possibile affidarsi al fatalismo anche in considerazione del progressivo ed esponenziale deterioramento del materiale.
così come non ci sono previsioni in merito a piani regionali o nazionali coordinati di bonifica del territorio e la creazione di un registro degli esposti all'amianto. nonostante queste carenze quel che è certo è che in italia il registro nazionale dei mesoteliomi, alla fine del 2004 registrava 3670 casi di decesso. si tratta di un numero parziale perché comprende esclusivamente le persone decedute in strutture ospedaliere mentre il numero di decessi non ufficiali è sconosciuto o sommerso.

non solo, nel mondo si continua ad estrarre, costruire e produrre con l'amianto. in molti paesi in via di sviluppo o di nuovo sviluppo, molti lavoratori ancora oggi sono sprovvisti di qualsiasi nozione di prevenzione e trattano i sacchi di amianto come un qualsiasi materiale. tutti questi sono condannati a morte!
ma anche in italia è come se, al di là della tanto invocata retorica patriottica, su questo terreno si sia già persa un'altra guerra che ha lasciato sul terreno migliaia di vittime. basta guardarsi intorno con altri occhi e con una nuova prospettiva - che anche attraverso questo processo oggi possiamo sostenere - per scoprire e vedere che anche nei luoghi più impensabili e paesaggisticamente rilevanti ci sono distese di coperture in amianto. in questo caso la storia nella sua inevitabile sintesi successiva non potrà certo tener conto di eccezioni, inammissibilità ed esclusioni e il giudizio non potrà che essere oggettivo.

un processo molto atteso.
a torino per seguire il processo molte erano le persone, famigliari delle vittime dei lavoratori esposti all'amianto e perfino alcuni sopravvissuti. molti di loro erano giunti in pullman da casale monferrato e dalle zone limitrofe. la prima udienza, accolta con molto entusiasmo, aveva visto persino la presenza di rappresentanti venuti da francia, svizzera, gran bretagna e germania dove si stanno svolgendo altri processi sull'amianto.
questo processo ha un grande valore ed è stato fortemente voluto soprattutto dai parenti delle vittime, dai malati, dai tanti enti, associazioni e cittadini che in questi anni si sono organizzati in comitati spontanei e che ora finalmente sono riusciti a porre in primo piano i diritti di quei lavoratori e cittadini per troppo tempo ignorati. non è trascorso molto tempo da quando i lavoratori venivano percepiti esclusivamente come un peso, un problema inevitabile. in questa situazione non poteva certo e non può ancora oggi svilupparsi una cultura della prevenzione degna di questo nome che tenga conto prima di tutto della salute, dell'ambiente e delle condizioni di lavoro dei lavoratori. ma "la decisione del tribunale di torino è una decisione importante anche perché avvicina la verità giuridica a quella storica"(cronaca tg24) il nesso di casualità tra l'esposizione all'amianto e la malattia è stato per lungo tempo negato anche in presenza di prove concrete. già a partire dagli anni 70 c'era la certezza di questo nesso ma ci sono voluti vent'anni per arrivare al divieto della sua produzione. troppi evidentemente.
durante la pausa pranzo, fuori dall'aula in una fredda giornata invernale era possibile aver l'onore di incontrare i parenti delle vittime che mangiavano un panino portato da casa ed estratto dalla borsa. scattando alcune fotografie due uomini si sono presentati come gli unici due sopravvissuti al mesotelioma su trenta compagni di lavoro del reparto "materie prime - facchini". mi raccontano di essere arrivati al punto di non aver più avuto il coraggio di andare a visitare i loro compagni malati in ospedale in quanto "si immaginavano già al loro posto". vengo così a sapere di sacchi di amianto blu e bianco che, prelevati dalla stazione di casale monferrato, venivano caricati e scaricati a spalle quindi tagliati per far uscire l'amianto senza nessuna precauzione. molti di loro, addetti alla manutenzione meccanica, dovevano provvedere alla pulizia delle condotte ostruite dalle polveri, dalle quali, attraverso nastri trasportatori veniva trasportato l'amianto nei silos. la moglie di un operaio deceduto infine ha raccontato di come suo marito trovasse assurdo dover perfino pranzare in un luogo con tanta polvere mentre a casa giungevano i panni sporchi di polvere da lavare.
... c'è chi per tutto il tempo è attento e chiuso in un dignitoso silenzio e chi invece vorrebbe affidarti uno, due nomi perché non vengano dimenticati o perché per troppo tempo queste tragedie sono state vissute nella più desolante solitudine e consapevolezza di un'ingiustizia.
forse era questo che in un passato non così lontano si intendeva parlando di "cultura popolare".

le udienze dovrebbero svolgersi a cadenza settimanale tutti i lunedì.
paola zorzi - 2010



e.mail: a.costruttiv@virgilio.it
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fotografie di paola zorzi